Wednesday, September 12, 2018

of leaving the nest — sul lasciare il nido


So my son left for university. 

It's been so exciting watching his dream come true and I have been so happy for him, shared his enthusiasm, helped him with the application process, cheered him on during exams. 
And when the time came, together we boarded the plane that would take him so very far away. I watched him with his guitar strapped on his back, his step steady, as he hopped off Swiss soil saying "hasta luego" with that lightness if spirit that only the young have, because they are not yet burdened by existential ruminations.

I flew back alone a few days later and when the plane's tyres left that other continent that will be his home, the pain of separation became so vivid and crude, that for a moment even all my legendary optimism couldn't dress it up as anything else. As great opportunity. As chance of a lifetime. As what will make him fully bloom into the great man he's growing into. 


No.


It was just the raw pain of separation.

It's such a constant in the life of expatriate families, the toxic surplus of goodbyes, it tends to settle in like background noise, this constant melancholy of living without your family around. And somehow it becomes bearable.

But when a child leaves the nest, it's not the same. A Mother's DNA changes. It unravels from its original double helix structure and wraps itself around her heart like a crown of thorns. 
Yes, I am even dropping religious references here, because my plane has long landed, but the dust is still settling.  

I know this is temporary, and that with air travel and FaceTime and the other Devil's works (quoting my Grandma here) the distance will be shortened.
This is the harbour where he cast anchor. We are here. His roots are here. And most of all, his Vespa


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Mio figlio è partito per l'università. 

È stato esaltante vederlo realizzare il suo sogno e sono stata felice di supportarlo nel processo di selezione, ho fatto il tifo per lui durante gli esami.
E quando il giorno di partire è arrivato, siamo saliti insieme sull'aereo che lo avrebbe portato così lontano. L'ho guardato con la chitarra a tracolla, il passo deciso mentre lasciava la Svizzera dicendo "hasta luego" con quella leggerezza di spirito che solo i giovani hanno, perché ancora non sono gravati da riflessioni esistenziali. 

Sono tornata indietro da sola dopo qualche giorno e quando il carrello dell'aereo si è staccato da terra durante il decollo, ho sentito che lo stavo lasciando su un altro continente e il dolore della separazione è stato così vivido e crudo che per una volta nemmeno il mio leggendario ottimismo è riuscito a travestirlo da qualcos'altro. Da grande opportunità. Da occasione di una vita. Da ciò che lo farà crescere e sbocciare nell'uomo meraviglioso che sta diventando. 

No.

C'era solo l'atroce dolore della separazione.

Per noi expat questo tossico surplus di distacchi è una costante, purtroppo. Tende a diventare un rumore di fondo, la malinconia cronica del vivere lontani dalla propria famiglia. E in qualche modo diventa sopportabile. 

Ma quando un figlio lascia il nido, non è la stessa cosa. Il DNA di una mamma si trasforma. Si srotola dalla sua forma originale a doppia elica e le si avvolge intorno al cuore come una corona di spine. 
Ebbene si, ci sto cacciando pure i riferimenti religiosi adesso, perché anche se il mio aereo è già atterrato da settimane, le acque devono ancora calmarsi. 

So che è tutto temporaneo e che con gli aerei, FaceTime e tutte quelle diavolerie (cito mia Nonna) la distanza sarà ridotta. 
Questo è il porto in cui ha gettato ancora. Qui ci siamo noi. Le sue radici. E soprattutto la sua Vespa

(pic by me, all rights reserved)




4 comments:

  1. Oh.
    Non posso neanche immaginare come tu stia. Provo a immedesimarmi, e sembra durissima.

    Ma dov'e' andato? Qui da questa parte dell'oceano?

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    1. Cara, non puoi immedesimarti ma la realtà è che aver contribuito a creare un essere umano in grado di cavarsela da solo, è una soddisfazione e una gioia immensa, grande tanto quanto la malinconia di non averlo più qui in casa con me.
      Si, è dalla tua parte dell'oceano ma molto più a sud...

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  2. Nel 2014 Primo Figlio é partito per fare un anno scolastico all’estero, scusandomi con le mie amiche per l’ennesimo pianto con loro mi hanno risposto” Non preoccuparti,lo sappiamo che hai il cuore sul tagliere”
    Che mi é sembrata così precisa come similitudine,così calzante per una mamma che spadellando e tagliuzzando verdure ci piange anche sopra che me la ricordo ancora e te la rivendo con un abbraccio e due lacrime in compagnia
    Poi passa,col Secondo Figlio mica è stato così drammatico...
    Ciao
    Betty

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    1. Betty, che carina, grazie. Un po' cruento il cuore sul tagliere ma rende l'idea. Devo dirti però che con FaceTime quotidiano lo vedo così contento che il mio cuore dal tagliere mette le ali e vola!

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